Questa stagione vitivinicola è stata caratterizzata da una notevole variabilità climatica. La stagione è iniziata con un autunno e un inverno piuttosto miti, con temperature superiori alla media e scarse precipitazioni. Queste condizioni hanno favorito uno sviluppo vegetativo delle viti e un germogliamento precoce, inoltre il ritorno del freddo e la gelata di aprile hanno ulteriormente stressato le piante.
La primavera ha presentato un quadro più complesso, con un alternarsi di periodi piovosi e temperature più fresche. Le abbondanti precipitazioni di maggio e giugno hanno favorito lo sviluppo di problemi nella gestione dei trattamenti. Nel periodo di fine fioritura-allegagione sono subentrate malattie fungine come la peronospora, richiedendo interventi fitosanitari frequenti. Ciò ha portato ad una significativa riduzione dei rendimenti produttivi.
L’estate è stata caratterizzata da un caldo intenso e periodi di siccità, alternati a brevi fasi piovose. Problemi anche nella difesa anti-oidica dove ha giocato a sfavore un rialzo termico improvviso che ha sollecitato la vigoria lasciando scoperta la nuova vegetazione.
Queste condizioni hanno favorito anche il mal d’esca. Ciò ha messo a dura prova le viti, soprattutto nelle zone più esposte. In alcune zone si sono ottenute uve di ottima qualità, mentre in altre si sono riscontrati problemi legati ad un eccessivo sviluppo vegetativo o una maturazione non uniforme.
I mesi successivi sono stati caratterizzati da ulteriori eventi climatici avversi, seguiti da rialzi termici che hanno compromesso una buona allegagione, portando a grappoli con meno acini, ma più grossi.
L’invaiatura è iniziata con circa 10 giorni di ritardo rispetto al 2022 ed è stata lenta. Il potenziale produttivo però, tra esuberanza vegetativa e danni sopra citati, è simile a quello dell’anno precedente, con un lieve calo. La vendemmia è avvenuta seguendo un calendario nella media.
Le temperature miti primaverili e quelle estive elevate hanno condizionato tutto il ciclo vegetativo, favorendo l’anticipo delle varie fasi.
Le piogge primaverili ed un’importante pioggia di fine luglio hanno però mitigato l’effetto del clima caldo, che stava condizionando in modo importante.
A fine agosto, alle porte della vendemmia, le uve erano sane e con un buon equilibrio vegetativo, poco stressate dai periodi di siccità.
Le piogge di settembre e il conseguente abbassamento delle temperature hanno poi favorito un’evoluzione equilibrata e positiva della maturazione, in particolare della componente aromatica e fenolica, soprattutto per quelle varietà medio-tardive, come il Sangiovese.
L’acidità, nonostante l’andamento climatico, si è comunque mantenuta in modo inaspettato ad un ottimo livello, garantendo la freschezza del frutto e la consistenza tattile.
Quest’annata è stata particolarmente condizionata dal clima. La vendemmia è stata anticipata ai primi giorni di settembre per rischio appassimento. Le temperature eccessivamente alte hanno creato problemi nonostante le piogge di fine luglio che hanno consentito un’invaiatura e una prima maturazione soddisfacenti. La gelata di fine aprile ha danneggiato le fasce più basse delle vigne.
Ciò ha comportato uno squilibrio fra i vari livelli di produzione. Il raccolto dei vigneti più bassi con base fresca è stato molto precoce: una parvenza di freschezza ci è stata, anche se la gradazione si è alzata in soli tre giorni.
Nonostante ci fosse la necessità di un equilibrio nelle basi per avere il Federico in linea con gli altri anni, il risultato è stato comunque più alcolico e pesante dello scorso anno.
In altre vigne, la maturazione è stata migliore e ha consentito di integrarsi con quelle vigne con la base più fresca per produrre vini più importanti.
Nonostante l’annata 2020 sia stata caratterizzata da temperature molto calde e da pochissime piogge, ciò non ha in alcun modo compromesso il raccolto. Il vento di scirocco, soffiando in maniera debole, ha asciugato poco.
È stato fatto un grande lavoro vitivinicolo poiché abbiamo investito moltissime ore sulle vigne e sull’uva futura. La vendemmia si è concentrata tra l’ultima settimana di agosto fino al 15 di settembre. La quantità si è ridotta, ma la qualità è aumentata del 25%. Le uve sono state selezionate accuratamente due volte grazie al lavoro di una squadra in gamba: questo ha portato ad una buona corrispondenza fra la selezione dei vigneti e il risultato ottenuto in cantina. Si nota una netta differenza tra le vigne selezionate e tutte le altre. Si tratta di un lavoro lungo e approfondito, ma essenziale per una scelta di maggiore qualità.
Quando verrà raggiunta l’omogeneità nei vigneti, dovuta al lavoro agronomico e al biologico, aumenterà ancor di più la qualità, ma soprattutto la quantità. La quantità di uva destinata alle cantine sociali si è ridotta.
Quest’anno saranno estirpati 2 ettari di Refosco per piantare 3 micro-vigneti.
2019
L’inverno 2019 sino a febbraio, è iniziato all’insegna del grande freddo, associato a modestissime precipitazioni e abbondanti nebbie. Le condizioni meteorologiche hanno favorito le pratiche colturali invernali pur destando timori per il modesto accumulo di riserve idriche anche ad alta quota.
I mesi di febbraio, marzo e aprile si sono caratterizzati da piogge decisamente sotto la media al nord e al centro (con assenza di nevicate anche in montagna) e temperature decisamente miti.
La flora spontanea e le piante coltivate seppur rallentate dal forte freddo di dicembre e gennaio, spinte dalle temperature alte e dal suolo asciutto e caldo hanno avviato la ripresa vegetativa con oltre 10 giorni di anticipo, in questo quadro la vite non ha fatto eccezione. Tutto il mondo agricolo si è trovato accumunato dalle ansie da siccità e dalle brinate tardive.
In questo scenario che appariva ormai di annata precoce e siccitosa ha fatto irruzione un maggio assolutamente anomalo caratterizzato da notevoli abbassamenti termici (diffusamente e abbondantemente sotto i 5°C di minima ancora a metà maggio), abbondantissime piogge e nevicate sulle alture (protrattesi sulle alpi e nelle vette appenniniche sino alla terza decade di maggio). In questo contesto surreale ed imprevisto si sono registrate notevolissime difficoltà agricole: esondazioni di fiumi in pianura, difficoltà a regimare le acque in collina, azzeramento della produzione di miele, danni alle primizie agricole, nette difficoltà allo svolgimento delle ordinarie pratiche agronomiche con particolare apprensione per la peronospora (soprattutto per la riduzione del rame metallo utilizzabile nei trattamenti a 4 kg ettaro anno).
La vite ha rallentato il suo precocissimo avvio vegetativo, limitando il vigore (e l’emissione di femminelle). L’anticipo di germogliamento è stato completamente assorbito tanto che la fioritura è avvenuta mediamente con 7 giorni di ritardo, a inizio maggio la vite aveva 10 giorni di anticipo e a fine mese ne aveva ben 7 di ritardo.
I primi anticicloni (africani) hanno raggiunto l’Italia nella seconda decade di giugno facendo alzare le temperature e consentendo di riavviare le normali pratiche agricole.
L’estate si è svolta con grande regolarità alternando brevi (ma intensi) anticicloni africani con lunghi e da anni ormai non così abbondanti anticicloni delle Azzorre, ne è conseguito un’estate meteorologicamente di “altri tempi” con picchi di calore intensi ma limitati, piogge regolari, discrete escursioni termiche e umidità mediamente sostenuta. Sporadiche ma intensissime le grandinate e i fortissimi venti.
La vite, laddove non danneggiata dalle avversità fungine e meteoriche, è arrivata a fine estate in condizioni ideali di vegetazione (senza eccessi), quantità (leggermente sotto la media) e timing (con un piccolo ritardo rispetto alle ultime annate ma in linea con gli anni ’90): tutte premesse di una bella annata.
La vendemmia è iniziata a fine agosto per le varietà bianche più precoci e diffusamente dalla terza decade di settembre per i migliori Sangiovese. Uno stupendo ottobre ha consentito di completare le vendemmie in serenità.
I vini hanno indubbiamente rango: un ottimo bilanciamento tra fragranze e concentrazione ed espressioni molto nitide del territorio. Si intravvede un grande equilibrio tra sapore, profondità e carattere.
E’ sempre più attuale la riflessione sul ruolo determinante del vignaiolo, della vigna, della disciplina e dell’esperienza come strumenti per fare sintesi tra condizioni ambientali sempre più bizzarre e la necessità di portare pace e lungimiranza al sistema vite-suolo-clima.
Fonte: Francesco Bordini
L’avvio del 2018 è stato all’insegna della continuità con l’annata 2017 registrando temperature alte e modeste piogge; la vegetazione spontanea all’avvio di febbraio, così come le piante da frutto, iniziavano la loro ripresa vegetativa con frequenti fioriture oltre che di viole anche di calendule e in alcuni campi particolarmente assolati anche ciliegi ed albicocchi.
L’inverno è arrivato nella seconda metà di febbraio con abbondanti piogge ed intense nevicate anche a bassa quota. Alcune apprensioni per il crollo delle temperature minime scese in molte zone del centro Italia sotto i -8 gradi ed in alcuni casi anche sotto i -12°C. Questi abbassamenti termici così ritardati hanno danneggiato oliveti e frutteti, rallentato l’accrescimento dei sovesci ma solo in isolati casi hanno danneggiato la vite.
I mesi di marzo, aprile e maggio si sono rivelati incredibilmente piovosi e sommandosi alle nevicate invernali hanno ripristinato le dotazioni delle falde acquifere e dei corsi d’acqua messi a dura prova nel corso del 2017, contenute le temperature primaverili senza eccessi termici ma con lunghi periodi di fortissima umidità (da anni non così intense nel mese di maggio).
La vite è arrivata alla fioritura con un forte lussureggiamento vegetativo e qualche apprensione per la peronospora, le colature fiorali e l’oidio dovute sia alle condizioni meteorologiche (pioggia e umidità) che alla difficoltà ad entrare con tempestività nei campi per i trattamenti fitosanitari e la gestione del verde.
Mediamente buono il carico dei grappoli (soprattutto laddove nel 2017 la produzione fu bassa per le brinate) eccezion fatta per i campi più stressati dalla siccità estiva 2017 (concomitante con la differenziazione a frutto delle gemme).
L’estate è iniziata all’insegna del fresco, con frequenti piogge e modeste temperature massime. L’ultima decade di luglio e le prime due di agosto hanno lasciato il posto agli anticicloni africani arrivati sulla penisola con irruenza portando a bruschi innalzamenti termici alternati da violenti acquazzoni e purtroppo anche a molta grandine.
La vite, arrivata all’estate in ritardo di circa 10 giorni rispetto alla media decennale ha vissuto lo stress termico estivo in modo differenziato, nella maggioranza dei casi guadagnando parte del ritardo accumulato e consumando gli eccessi idrici del suolo ma talvolta manifestando stress e perdite fogliari soprattutto nei campi più giovani o più esposti a sole e scirocco.
L’autunno è arrivato presto, sin da inizio settembre, regalando meravigliose escursioni termiche ed alcune apprensioni per la ripresa delle piogge che soprattutto a metà settembre, complice un rinnalzamento repentino delle temperature hanno favorito la proliferazione di Botrite e batteri.
Si è arrivati in vendemmia finalmente non in anticipo, spesso con carichi di uva maggiori del previsto per il forte accrescimento degli acini e qualche apprensione per lo stato fitosanitario ed il rischio di diluizione. Laddove le piante erano in equilibrio hanno tratto il meglio da questa stagione dalla maturazione lenta e dalle impressionanti escursioni
termiche, con minime scese nell’ultima decade di settembre abbondantemente sotto gli 8° centigradi.
L’annata si presenta interessante: non particolarmente concentrata, priva di eccessi verdi, ricca di aromi fruttati, tannini rilassati e bocche saline, a tratti ambiziosa per le similitudini con la fresca ma elegantissima vendemmia 2010.
La vendemmia 2017 ricorda i Beatles: ha una sensazione di velluto, tattile, carnosa, tiepida, innovativa e avvolgente.
L’annata 2017 è partita con una sequenza di “stranezze” meteorologiche: un inverno insolitamente siccitoso e con temperature mediamente superiori alla media, interrotte da sole due settimane di febbraio molto fredde e con poca neve, isolatamente in Appennino.
La stagione vegetativa della vite (ed in genere di tutta la natura) è partita con dieci giorni di anticipo, seguita da un periodo di veloce sviluppo vegetativo indotto da temperature ben superiori alla media e dall’assenza di pioggia che hanno accentuato l’anticipo iniziale sino a 18 giorni rispetto alla media storica.
Purtroppo il plenilunio pasquale e le due settimane successive hanno portato drastici cali di temperatura e brinate endemiche in tutto il nord e centro Italia, falcidiando germogli e ridimensionando il potenziale produttivo di molti areali.
Modestissime ed a macchia di leopardo le piogge primaverili isolate al solo mese di aprile e purtroppo spesso
associate ad eventi di carattere temporalesco e grandinigeno.
Completamente assenti le piogge nei mesi successivi di maggio, giugno e luglio.
L’anomala siccità primaverile è stata aggravata dai repentini incrementi di temperatura che già nella seconda metà di giugno hanno frequentemente superato i 33°C.
L’estate è iniziata all’insegna degli anticicloni africani, solo nel 2003 così numerosi, lunghi e prolungati.
Gli anticicloni africani sono purtroppo ormai la regola delle estati del Mediterraneo, pressochè sconosciuti in Italia sino a metà degli anni ’90, allontanando i miti anticicloni delle Azzorre che sempre più spesso fanno breccia solo in autunno.
In alcune aree del centro Italia la pioggia già all’invaiatura della vite mancava da più di 140 giorni facendo registrare notevoli abbassamenti delle falde acquifere (così basse solo nel biennio 2003-2004) e una precocissima riduzione della portata dei corsi d’acqua.
E’ ormai noto come negli ultimi quindici anni si siano concentrate le cinque annate più calde degli ultimi 130 anni (2003, 2007, 2012, 2015 e 2017); la 2017 dopo la 2003 è stata quella più calda (con ben 14 giorni di massime sopra i 40°C in tutta l’Italia Centrale).
La vite è arrivata all’invaiatura in buone condizioni fitosanitarie per una modestissima pressione di peronospora,
botrite e tignoletta ed in soli alcuni casi con una discreta apprensione per l’oidio.
In tutti i comprensori viticoli, quale conseguenza della siccità e delle alte temperature, i grappoli hanno avuto un
accrescimento contenuto, rimanendo spargoli e con gli acini dalla buccia robusta.
La raccolta, partita molto presto per uve più precoci quali merlot, chardonnay e sirah, è stata più eterogenea per il sangiovese. Le prime raccolte sono partite già ad agosto (negli areali più precoci e freschi dove la luce ed il calore hanno velocizzato i processi di maturazione) per protrarsi sino a fine settembre laddove la (rara) fogliosità ha protetto i grappoli o più frequentemente dove si è potuto attendere una maturazione fenolica spesso sospesa dagli eccessi di calore e carenze idriche.
Impressionanti alcune valutazioni statistiche: in quasi tutti i campi i tassi di grappoli appassiti e scartati sono variati tra il 5 ed il 20%, i cali di produzione nei territori collinari hanno spesso superato il 40%, anticipi di raccolta mediamente di 20 giorni e rese in cantina delle uve rosse spesso inferiori al 58%.
Malgrado tutte queste preoccupanti premesse i vini ad oggi sembrano figli di una annata calda ma non estrema, con fragranze più che accettabili e tannini migliori del 2007 e del 2003, forse più simili a 2009 e 2015.
E’ stata una annata complessa da gestire in cui ha giocato a favore l’esperienza e una certa facilità di prevedere già a gennaio le carenze idriche; è stato importante difendere la vite con la buona agricoltura fatta di una accurata gestione del suolo e parsimonioso rispetto degli apparati fogliari.
Interessante chiedersi se su questo risultato, tutto sommato più che buono viste le premesse, abbia contribuito
maggiormente l’esperienza accumulata nelle precedenti annate calde in vigna e cantina o una pianta che avendo
convissuto per tutta l’annata con caldo, secco e precocità si è saputa autoregolare con un carico di uva modesto ma in gran parte equilibrato alle poche foglie ed alle energie disponibili.
L’annata 2016 è partita all’insegna della continuità con l’autunno 2015: temperature miti, pochissime piogge e abbondante ventilazione. L’inverno poco piovoso ha favorito le pratiche agronomiche invernali, ma ha prodotto apprensione per le modestissime scorte idriche accumulate.
Il mese di marzo ha rovesciato la tendenza dell’inverno, iniziando un periodo di abbondanti ed ininterrotte piogge, associate a freddo. Queste condizioni si sono protratte intensamente fino a maggio-giugno, ripristinando un buon livello delle falde freatiche. La seconda decade di luglio ha avviato un periodo di caldo intenso, mancanza di piogge, alta umidità dell’aria e modeste escursioni termiche protrattosi sino ad agosto.
La vite è arrivata all’invaiatura complessivamente con qualche giorno di ritardo, ma durante il mese di agosto ha virato verso la fase riproduttiva, rallentando lo sviluppo dei germogli e completando le invaiature.
Le condizioni ambientali di agosto si sono rivelate molto favorevoli, con temperature massime nella media di periodo, buone escursioni termiche, modesta umidità e piogge ben cadenziate.
La vendemmia è avvenuta con regolarità, con qualche piccolo ritardo rispetto alla media decennale ma accompagnata da buone escursioni termiche e sanità di pianta.
Abbondanti le produzioni e tendenzialmente ragguardevoli anche le rese in vino.
I vini sono generosi nel frutto, con buoni tannini e una fragranza stabile: buone premesse per una bella evoluzione nel tempo.
Il 2015 è partito all’insegna delle abbondanti precipitazioni, che in realtà sono iniziate sin dall’estate del 2013.
La stagione vegetativa delle vigne è iniziata all’insegna di una certa precocità e del lussureggiamento vegetativo: tante foglie, molti grappoli, qualche apprensione per la peronospora, ma soprattutto l’ansia di rivivere un’annata fredda ed umida come la 2014. La fioritura è avvenuta puntuale.
Le piogge che hanno caratterizzato il 2015 fino agli ultimi giorni di giugno hanno repentinamente lasciato il posto al grande caldo, quale conseguenza dell’anticiclone africano più lungo che abbia mai interessato l’Italia. 40 giorni senza piogge, ma soprattutto con temperature spesso abbondantemente sopra i 34° e modeste escursioni termiche.
La vite si è presentata in buono stato all’invaiatura: con una produzione ben distribuita, non eccessiva e ben bilanciata dalle foglie, bassa pressione di oidio, peronospora e tignoletta.
La vendemmia è iniziata all’insegna del caldo e della siccità, generando una situazione apparentemente facile: con belle uve, sane e in rapido accumulo di zucchero, ma anche segnata da insidie quali: l’innalzamento del ph, la perdita di foglie e il progressivo rallentamento evolutivo dei sapori e del tannino.
Una bella annata: estroversa, generosa nel frutto e nel colore ma non sempre altrettanto profonda, fresca e probabilmente longeva.
Si parla di eventi eccezionali e di anomalie, il 2014 sarà ricordato per le sue bizzarrie e frequenti eccessi.
L’inverno 2013-2014 ha portato poca neve e moltissime piogge, arricchendo una falda già resa florida dalla precedente stagione. Questi eventi meteorici, associati in modo anomalo a temperature invernali miti, hanno portato ad un germogliamento molto anticipato. Questo evento rappresenta la prima grande anomalia poiché mai in passato si era assistito ad una stagione che parte precocemente dopo un inverno così umido, essendo in genere l’anticipo di germogliamento associato ad inverni asciutti. Tutto ciò ha portato a qualche difficoltà ad ultimare in tempo le operazioni di potatura e soprattutto ad una forte pressione dei patogeni (che poco hanno faticato a superare l’inverno) e contemporaneamente un forte rigoglio vegetativo, mal sostenuto da radici rallentante nella loro attività dagli eccessi di acqua nel suolo (con terreni freddi ed a volte asfittici) con conseguenti ingiallimenti fogliari.
Il decorso primaverile ed estivo soprattutto dalla fioritura in poi ha visto ridursi l’anticipo vegetativo iniziale, causa le frequenti piogge ed i modesti picchi termici.
Come poche volte così intensamente accaduto in passato, la vigna ha avuto bisogno di molte cure per contrastare i parassiti fungini (peronospora, oidio e botrite, rivelatisi tutti molto virulenti) e gestire al meglio la chioma.
L’invaiatura è avvenuta con un leggero anticipo di 3-5 giorni rispetto alla media storica, di fatto annullando quasi completamento l’anticipo di inizio stagione.
La maturazione delle uve è avvenuta in condizioni abbastanza critiche caratterizzate da basse temperature (specialmente le massime), poca insolazione (con sole velato dalla tanta umidità) e dalle abbondantissime piogge (con il mese di luglio più piovoso degli ultimi 66 anni ed i disastrosi nubifragi del 21 settembre su ambo i lati dell’Appennino tosco-romagnolo e intensità di pioggia con precedenti simili solo nel 1962).
Di fatto, le vigne sono arrivate alla raccolta con evidenti difficoltà ad accumulare zucchero e colore; perdendo l’anticipo di inizio stagione e passando dall’anticipo ad alcuni giorni di ritardo con raccolte guidate non tanto dalla maturazione delle uve quanto dalla necessità di tutelare lo stato sanitario, lo spessore delle bucce e il calo (spesso anomalo) delle acidità.
Tra le buone notizie da registrare una aromaticità delle uve rosse tutto sommato più compiuta di quella del 2013 (più vegetale) ed un quadro che poteva essere più catastrofico se la stagione non fosse partita in anticipo e con un carico di uva comunque inferiore all’annata 2013.
In cantina si è dovuta assecondare l’annata sforzandosi di separare le rare partite di uve migliori e lavorando con tantissime cautele le delicatissime bucce e mosti molto fragili e sensibili all’ossigeno.
Fonte Il nostro agronomo ed enologo Francesco Bordini – www.francescobordini.it